



Le cozze, saporite, povere di grassi, ricche di ferro, devono essere raschiate, lavate e rilavate, ma non devono rimanere immerse a lungo nell’acqua: per far aprire le cozze basta metterle al fuoco, anche senza nessuna aggiunta- appena le valve si aprono, i molluschi sono cotti. Il liquido di cottura, inoltre, è molto saporito e profumato di mare: la cottura prolungata, d’altronde, ne fa un alimento sicuro.
La preparazione che presento è la più affermata, ed è semplice quanto basta per permettere di assaporarne al meglio tutto il gusto verace e carnoso: le cozze alla marinara. Si possono servire come antipasto o come primo piatto, in abbinamento un vino bianco: c’è chi lo preferisce fermo, chi leggermente frizzante, in ogni caso non deve essere troppo alto di gradazione, nè eccessivamente fruttato.

La diffusione del gorgonzola fu dapprima locale, ma dagli inizi del ‘900 inizia a conoscere i primi successi e in breve diventa il formaggio italiano più esportato all’estero: nel dopoguerra nascono le imitazioni di questo prodotto, ed i produttori di gorgonzola corrono ai ripari per difendere le peculiarità del loro prodotto chiedendo ed ottenendo, negli anni ’50, la DOP (denominazione di origine protetta): viene così stabilito che solo due regioni italiane, per legge e tradizione, possono produrlo: Piemonte e Lombardia, e che solo il latte degli allevamenti di queste province può essere usato per produrre e dare quindi la denominazione di origine controllata al formaggio gorgonzola.
Il gorgonzola si ricava da latte vaccino intero pastorizzato che viene versato in caldaie alla temperatura di circa 30°, aggiungendovi fermenti lattici, caglio e spore di penicilli. A coagulazione avvenuta, la cagliata viene rotta e depositata sugli spersori per lasciare fuoriuscire il siero. Dopo alcuni minuti la cagliata viene sistemata entro i fassiroli o fascere, in quantità di circa 14/15 kg per ogni forma, per stratificazione e viene lasciata sostare per permettere ulteriore perdita di siero. Dopo la marchiatura, la forma viene trasferita in un locale denominato “purgatorio” (celle a 20/22°C con il 90/95% di umidità), viene salata con molta perizia, sopra, sotto e sui fianchi e dopo 3/4 giorni si avvia alla stagionatura. In questi locali con temperatura di 2/7° C ed umidità 85/95% la forma sosterà da 50 a 80 giorni a seconda del tipo (dolce o piccante). Quando la forma è ancora tra le tre e le quattro settimane, ha luogo la foratura. Grossi aghi metallici la penetrano, l’aria entra nella pasta e sviluppa le colture già innestate nella cagliata, determinando le condizioni ottimali e naturali per lo sviluppo del penicillium, da qui le caratteristiche venature blu/verdi che rendono il formaggio gorgonzola inconfondibile. Al termine della stagionatura la forma viene tagliata in due o ulteriormente frazionata e ciascuna parte riceve la sua veste di alluminio goffrato riportante il contrassegno “g”. La stagionatura si protrae per almeno 2 mesi per il tipo dolce ed oltre 3 mesi per il tipo piccante.



Ci siamo spesso occupati della cucina ebraica, nelle varie declinazioni, oggi aggiungiamo un altro pezzetto alla conoscenza di questo mondo, parlando di cucina ashkenazita. Le due grandi correnti religiose e culturali della religione israelita in Europa sono, per l’appunto, quella sefardita (in italiano “spagnola”, dall’ebraico SEFARAD, Spagna) e quella ashkenazita (“tedesca”, dall’ebraico ASHKENAZI, Germania).
Le due correnti danno vita a due tradizioni molto diverse, quella spagnola (confluita anche nell’ebraismo italiano e dell’area mediorientale ) molto solare, aperta, con una cucina eccellente, influenzata dai splendidi prodotti del mediterraneo, come l’olio, le melanzane, i ceci, il pomodoro o le spezie. E quella tedesca e di tutto l’est europeo (detta appunto ashkenazita), più ortodossa, anche nei costumi (i membri delle varie comunità sono spesso vestiti di nero e portano cappelli e barba lunga).
Anche la cucina ebraica del nord e dell’est Europa richiama a climi più freddi e ad uno stile di vita più austero (pur alcune splendide eccezioni come la musica e la cultura Yiddish), i sapori caratteristici della cucina yiddish e ashkenazita sono: il gefilte fish (carpa bollita, uno dei piatti più famosi), il patè di fegato e il celebre cholent (uno stufato con paprika, manzo e patate), di cui questo goulash che vi presentiamo è una variante più semplice.



