Le Braciole napoletane al sugo

In Italia ogni regione ha le sue ricette, ma soprattutto i suoi modi di chiamare il cibo. Al sud, in particolar modo a Napoli, questa usanza di ribattezzare i piatti è una cosa molto comune. La cosiddetta braciola napoletana è uno di questi.

In Campania di solito la domenica si mangia il ragù. Quando non è possibile cucinare quello classico che prevede l’utilizzo di diverse parti della carne di manzo, è uso comune prepararlo con le braciole. E’ per questo che va fatta un’importante distinzione, perché nessuno sbagli se si trova a mangiare in una casa o in un ristorante nelle zone di Napoli.

Dimenticate la costoletta di maiale o qualsiasi altro tipo di carne arrostita cui siete abituati quando pensate alla braciola napoletana. Forse non tutti conoscono la preparazione originale di questo prelibato piatto, parente strettissimo degli involtini di carne. Semplice e gustoso, si cucina in maniera veloce e il risultato è eccezionale. Ecco di seguito la ricetta per svelare il mistero di questo tipico piatto partenopeo.

Pomodori ripieni all’avocado, un contorno dall’aria esotica

Siete già assaliti dalla voglia di partire per mete esotiche e luoghi sconosciuti, dove divertirsi e stare lontani dalle preoccupazioni giornaliere, ma non potete partire perché è ancora troppo presto per prendere le ferie? Come vi capisco! Ma, per il momento, possiamo sempre cercare di viaggiare con la fantasia e farci cullare dal pensiero di spiagge e luoghi di relax, stimolando la nostra immaginazione con l’aiuto di piatti dal sapore esotico.
Per una situazione di questo tipo sembra proprio cadere a fagiolo una ricetta che ho scovato e provato qualche giorno fa. Assalito dal desiderio di un contorno fresco e saporito, che mi ricordasse i sapori caraibici, per poter appunto fantasticare spiagge cristalline, e che nello stesso tempo andasse bene per accompagnare del pesce, mi sono messo a cercare qualcosa di sfizioso da preparare.
Devo dire che la ricerca si è rivelata fruttuosa, infatti, ho scoperto una ricetta molto semplice da preparare e dai sapori nuovi e gustosi, per ottenere un piatto fresco e molto colorato: i Pomodori ripieni all’avocado.

Prepariamo la caponata di melanzane

La melanzana è originaria dell’India: ne esistono parecchie varietà ma quella più nota, che viene più comunemente impiegata in cucina è la violetta, di forma allungata. Esiste anche un tipo di melanzana tonda, sfumata dal viola al bianco che si chiama “seta”. Le melanzane più saporite e più usate provengono dal Meridione.

La caponata di melanzane, nella fattispecie, è un tipo piatto della gastronomia siciliana: trattasi di ortaggi fritti (per lo più, appunto, melanzane), conditi con sugo di pomodoro in salsa agrodolce. Ne esistono moltissime varianti, a seconda degli ingredienti: le ricette “classiche”, raccolte in tutta l’isola, sono una quarantina addirittura.

Quando prendete le melanzane badate che siano sode ed abbiano la buccia lucente; devono essere al punto giusto, nè troppo acerbe nè troppo mature. per preparare la ricetta odierna, la caponata di melanzane, ricordatevi innanzitutto di tagliare a dadini le melanzane, metterle in un colapasta con del sale e lasciarle sgocciolare per almeno un paio di ore affinchè perdano l’amaro.

Riso con le seppie, classico mediterraneo

Diciamocelo: la seppia non ha un aspetto attraente. Il corpo è all’incirca ovale, con a un’estremità la testa ed otto tentacoli corti più due lunghi che ne spuntano, e contiene un grosso guscio o “osso”. Lunga fino a 25 cm., è di colore variabile ed ha una superficie dorsale spesso zebrata.

Tutti sanno che la seppia secerne un inchiostro, ma pochi, penso, sanno pure che la seppia, come il polpo ed il calamaro, è uno dei molluschi dotati di un sistema nervoso centralizzato, e dunque un cervello, attraverso il quale questi molluschi possono “imparare” dati sensibili e ricordare. Non bella, dunque, la seppia: ma intelligente sì!

Preparata a dovere, la seppia è squisita. La apprezzano i veneti, che la chiamano sepa, i campani che invece dicono seccia, mentre per i pugliesi è la siccia e per i siciliani la pruppusiccia. Vediamo o di passare dal vocabolario alla pentola, presentano un bel riso con le seppie.

Dalla cucina calabrese un ottimo piatto per l’estate, l’Insalata alla tropeana

Tempo d’estate, voglia di mare e di cibi leggeri e rinfrescanti, piatti semplici e poco impegnativi da preparare, facili da digerire per poter subito correre nuovamente a tuffarci tra le onde. Cosa c’è di meglio di una praticissima e velocissima insalata!

L’insalata che vi suggerisco di provare oggi arriva da uno splendido posto di mare, Tropea. Tuffandomi sempre nei ricordi, mi sono ricordato delle belle giornate trascorse sulle spiagge calabresi, diviso tra il sole cocente ed il refrigerio delle acque marine, e quando si passa tutta la giornata a mare, si sa, ad un certo punto viene un certo languorino.

Negli innumerevoli lidi che si affacciano sulla spiaggia di Tropea, il piatto che va per la maggiore nella stagione estiva è l’Insalata alla tropeana. Fatta esclusivamente con prodotti calabresi, genuini e ricchi di sapori, da fare in 5 minuti.

Penne al pesce spada e melanzane. Ovvero quando l’aroma della menta incontra il profumo del mare

La mitologia greca narra di una bellissima ninfa degli inferi di nome Menta o Myntha, concubina di Ade, re degli inferi, che scaturì la gelosia e l’ira della moglie di questi, Persefone, quando la minacciò con un discorso finemente allusivo alle proprie capacità erotiche. Persefone adirata di tanta insolenza la fece a pezzi, ed Ade, a quel punto, le cocesse di trasformarsi in un erba profumata, la menta.

Com’è buono il profumo di questa pianta. Mi vengono in mente le passeggiate estive, lungo i sentieri che portano al mare, e le folate di vento che trascinano il profumo di menta, che subito cattura la mia attenzione, e di me che abbasso lo sguardo e cerco di trovarla ai bordi della strada.

La menta gode di mille virtù, ottima in cucina per profumare le pietanze, in medicina come digestivo e antispasmodico, ed in cosmesi, nella quale si utilizza il mentolo, per la preparazione di profumi e cosmetici.

Le quattro stagioni delle verdure

Ormai siamo abituati a trovare quasi tutte le verdure in tutti i mesi dell’anno. Melanzane e zucchine sono onnipresenti nei banconi dei mercati e dei supermercati, i pomodori sono sempre rossissimi, tutto l’anno.

Una volta esistevano delle stagioni ben precise in cui si trovavano solo determinate verdure, era un modo naturale, poiché dettato dai ritmi della madre terra, per variare alimentazione nel corso dell’anno.

La natura, che si prendeva cura di noi (altrettanto non si può dire di noi nei suoi confronti), selezionava gli alimenti migliori, da consumare in un determinato periodo dell’anno, mettendo nella giusta relazione le esigenze del nostro organismo per quel periodo ed i valori nutrizionali delle verdure.

Dal Molise: zuppa di ortiche

La nostra cucina tradizionale sa esprimersi al meglio soprattutto quando si tratta di utilizzare i prodotti alimentari più semplici: a volte, poi, ne valorizza alcuni che sono ormai praticamente ignoti al grande pubblico. Ma non a Ginger&Tomato, ovviamente!

In molte aree del centro-sud, ad esempio, si preparano deliziose minestre a base d’ortica e non si tratta, come verrebbe da pensare, di ricette povere. In realtà si tratta di piatti che partecipano alla ritualità combinata dei filtri d’amore e delle pozioni atte ad incrementare la fertilità.

Il fatto, inoltre, che le minestre a base d’ortica risultino anche delicatissime, prelibate, ovviamente non guasta affatto: ve ne vorrei proporre una che reputo tra le migliori, che è anche di facilissima preparazione, originaria del Molise. Per provare altre squisite preparazioni a base d’ortiche, date un’occhiata anche qui, a questa ricetta postata qualche tempo fa: io stessa l’ho provata, ed è deliziosa!

Pomodori secchi ripieni all’alcamese, il gusto della tradizione

I pomodori sono una pietanza tipicamente estiva, ma sono talmente buoni che è difficile farne a meno per il resto dell’anno.
Anticamente per poter utilizzare il pomodoro, anche nei mesi invernali, si usava conservarlo proprio, concedetemi il gioco di parole, in tutte le salse. Si raccoglievano i grappoli ancora verdi e si appendevano alle pareti umide delle dispense, per farli maturare lentamente dentro casa; per non parlare poi delle interminabili riunioni familiari per preparare le bottiglie di salsa di pomodoro da conservare al buio ed usare in futuro.
Un’altra maniera per preservare i pomodori, utilizzata anche per conservare tanti altri alimenti, consisteva nel farli seccare alla calura del sole d’agosto, e fare i prelibati pomodori secchi.
I pomodori secchi oggi vengono fatti anche industrialmente, e si possono benissimo acquistare al supermercato, sottolio o semplicemente secchi da poter condire a proprio piacimento.

Spaghetti che avanzano: Pizzette di Nidi di pasta, divertiamoci in cucina

Se vi avanzano degli spaghetti, magari, perché all’ultimo momento si sono presentate meno persone del previsto in tavola, evitate di buttarli e ricordatevi sempre che in cucina vige il detto: non si butta via niente!

La pasta avanzata è un ottimo ingrediente per preparare altri piatti, fantasiosi e gustosi che evitano di far sprecare alimenti divenuti, ormai, preziosi, visto il loro costo.

Al tonno, col sugo o al ragù, non importa, la ricetta che vi suggerisco può esser fatta con qualsiasi tipo di spaghetti avanzati, è un idea divertente e molto duttile, visto che può essere sia un antipasto, che un primo, e, perché no, anche un’ottima porzione da finger food! Usiamo gli spaghetti avanzati per preparare delle Pizzette di Nidi di pasta.

il Gorgonzola, bontà DOP

Il formaggio gorgonzola ha origini molto antiche:gli storici fissano la sua nascita intorno al IX secolo d.C. nell’omonima località alle porte di Milano, che all’epoca era un importante centro di scambio di mandrie. Anticamente il gorgonzola era chiamato “stracchino di Gorgonzola”. La stessa parola “stracchino” deriva da “stracco” ovvero “stanco” e si riferisce, già in epoca romana, alle transumanze delle mandrie di vacche dalle Alpi alle marcite della Valle Padana, particolarmente fiorenti dopo l’intervento di frati e monaci, che razionalizzarono l’agricoltura d’allora.

La diffusione del gorgonzola fu dapprima locale, ma dagli inizi del ‘900 inizia a conoscere i primi successi e in breve diventa il formaggio italiano più esportato all’estero: nel dopoguerra nascono le imitazioni di questo prodotto, ed i produttori di gorgonzola corrono ai ripari per difendere le peculiarità del loro prodotto chiedendo ed ottenendo, negli anni ’50, la DOP (denominazione di origine protetta): viene così stabilito che solo due regioni italiane, per legge e tradizione, possono produrlo: Piemonte e Lombardia, e che solo il latte degli allevamenti di queste province può essere usato per produrre e dare quindi la denominazione di origine controllata al formaggio gorgonzola.

Il gorgonzola si ricava da latte vaccino intero pastorizzato che viene versato in caldaie alla temperatura di circa 30°, aggiungendovi fermenti lattici, caglio e spore di penicilli. A coagulazione avvenuta, la cagliata viene rotta e depositata sugli spersori per lasciare fuoriuscire il siero. Dopo alcuni minuti la cagliata viene sistemata entro i fassiroli o fascere, in quantità di circa 14/15 kg per ogni forma, per stratificazione e viene lasciata sostare per permettere ulteriore perdita di siero. Dopo la marchiatura, la forma viene trasferita in un locale denominato “purgatorio” (celle a 20/22°C con il 90/95% di umidità), viene salata con molta perizia, sopra, sotto e sui fianchi e dopo 3/4 giorni si avvia alla stagionatura. In questi locali con temperatura di 2/7° C ed umidità 85/95% la forma sosterà da 50 a 80 giorni a seconda del tipo (dolce o piccante). Quando la forma è ancora tra le tre e le quattro settimane, ha luogo la foratura. Grossi aghi metallici la penetrano, l’aria entra nella pasta e sviluppa le colture già innestate nella cagliata, determinando le condizioni ottimali e naturali per lo sviluppo del penicillium, da qui le caratteristiche venature blu/verdi che rendono il formaggio gorgonzola inconfondibile. Al termine della stagionatura la forma viene tagliata in due o ulteriormente frazionata e ciascuna parte riceve la sua veste di alluminio goffrato riportante il contrassegno “g”. La stagionatura si protrae per almeno 2 mesi per il tipo dolce ed oltre 3 mesi per il tipo piccante.

Filetto allo Strogonoff: le vere origini di questa ricetta

Il filetto allo Strogonoff è un vero e proprio must della cucina russa e deve la sua invenzione ad un medico, Strogonoff appunto, alle dipendenze della zarina Maria di Russia. Strogonoff esercitava la sua professione tra i cacciatori di balene e si narra che durante una battuta di caccia ci fu un’intossicazione da aringhe polari per l’ intero seguito imperiale di San Pietroburgo. A quel punto Strogonoff somministrò all’ intero equipaggio una dieta molto rigida a base di riso e carne di mucca precedentemente fermentata nella panna e succo di cipolle. Da qui divenne di gran moda alla corte moscovita e al Caffè Puskin, sulle sponde della Neva. Ginger vi presenta il suo filetto allo Strogonoff augurandovi buon appetito.

Una ricetta saporita per cucinare il merluzzo del capitano

Il pesce surgelato di certo non è il massimo, ma molte volte in inverno o in quelle località dove è difficile trovare del pesce fresco, può essere un’ottima soluzione per cambiare la dieta e non dover magiare sette giorni di fila solo piatti a base di carne o di verdure.

Il merluzzo o nasello è un pesce molto comune in tutti i mari del mondo, anche se si trova più frequentemente nell’Atlantico, e si presta facilmente ad esser conservato in vari modi.

Sicuramente uno dei modi più antichi per conservare il merluzzo è quello di salarlo, facendo in tal modo il baccalà. Un altro metodo di conservazione che permette di mantenere a lungo il merluzzo è quello di farlo essiccare, e se conservato in questa maniera non chiamatelo più merluzzo, ma stoccafisso. Infine una tecnica di conservazione più moderna è quella del congelamento.

Nel mar mediterraneo si trovano dei merluzzi dalla pezzatura più piccola, che vengono chiamati, appunto, merluzzetti o naselli. In ogni sua forma, comunque, il merluzzo è molto nutriente e dalle carni gustose, adatto per chi tiene alla linea, visto che rientra nella categoria dei pesci magri e contiene solo il tre percento di grassi.

Ma in che modo si può ridar vita al merluzzo surgelato pescato da quella figura, che evoca avventure da vivere a 20.000 leghe sotto i mari, e tanto piace ai bambini, che si presenta con il nome di Capitan Findus? Ma semplice, con una ricetta facile e saporita, con pomodori patate e olive.

Pagliaccio di frittata e verdura: a tavola con allegria

Se per far mangiare un piatto di verdure ai vostri figli o peggio al vostro maritino siete costrette ad ingaggiare una vera e propria battaglia, non disperare. Con alcuni accorgimenti, potete convincere i piccoli di casa a non fare troppi capricci a tavola. «Quando cucini, fatti aiutare dal tuo bambino», suggerisce la dottoressa Waldthaler. «L’ idea di aver contribuito alla preparazione lo invoglierà a mangiare. Inoltre, alterna pietanze di consistenza diversa (croccanti, soffici…) e cerca di insaporire i piatti per renderli più sfiziosi». Infine, provate a trasformare il pasto in un momento di gioco, portando in tavola piatti colorati e presentati in maniera divertente. A questo riguardo provate con il
Pagliaccio di frittata e verdure (ingredienti per quattro persone)