
Sentiamo sempre più parlare di prodotti equi e solidali e molti di noi vedono immediatamente il caffè del Costa Rica o il thè rosso dall’Africa, venduti insieme a tanti piccoli artifici coloratissimi provenienti da tutto il mondo e presentati a noi in botteguccie specializzate in commercio equo. Pensiamo subito a fare un atto di ‘beneficienza’, a comprare una cosetta tanto per fare la nostra opera di bene, sapendo che dietro ad ogni oggetto, dietro ad ogni pacchetto di caffè c’è un bambino in più che va a scuola, una donna in più che riesce a sfamare i suoi piccoli, un uomo in più che ritrova la sua dignità. Certo tutto questo è vero, ma quello che tendiamo a dimenticare è che pure noi tiriamo vantaggio da questo commercio. Si è vero che il caffè o il thè costano talvolta più cari che non al supermercato, è vero che magari il sapore è diverso da quello al quale siamo abituati, ma il nostro vantaggio non è solo nello sperimentare sapori e conoscere culture nuove. La maggioranza di questi prodotti vengono coltivati e prodotti in piccola scala, nel rispetto dei valori umani dei lavoratori certo, ma anche nel rispetto dei consumatori.
Se avessimo la scelta di comprare prodotti organici, coltivati e preparati come lo si faceva prima dell’industrializzazione delle campagne, prima delle multinazionali, prima dei prodotti chimici, prima dell’inquinamento massiccio che abbiamo causato… se avessimo questa scelta non la faremmo forse? So già cosa pensate, il prezzo, purtroppo, è un elemento deterrente, tanto forte da farci sacrificare pure la nostra salute e quella degli esseri che più ci sono preziosi.
Ma nessuna rivoluzione è mai arrivata senza sacrifici ed i visionisti dietro ai vari movimenti equi e solidali lo sanno bene. Ci tengo a citarli, perchè tutti intraprendono la stessa battaglia anche se in zone diverse: Fair Trade, Altro Mercato, Altro Consumo, Slow Food…. e senza contare gli innumerevoli, piccolissimi Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS) sparsi per il territorio italiano. In fondo, che differenza c’è tra il contadino nostrano che fatica a produrre articoli di qualità (che le grosse centrali d’aquisto valuteranno ben al di sotto del loro valore) e quelle famiglie nel centro dell’Africa che raccolgono le foglioline di thè? Perchè ci sentiamo bene dando dignità a gente lontana ed ignoriamo chi ci sta accanto? Le multinazionali hanno finito per toglierla questa dignità ai nostri produttori, li hanno forzati a lavorare secondo i loro requisiti, prediligendo la quantità e la rapidità alla genuinità del prodotto. E chi non si adegua è destinato a morire.