Secondo di carne per il pranzo dell’Epifania: il Manzo con salsa all’aglio

Manzo con salsa all’aglio

Ormai non rimane che pensare all’ultimo pranzo o all’ultima cena delle feste, quella dell’Epifania. Un ultimo sforzo per concludere il girone dei banchetti delle festività! Poi potremo riprendere la nostra dieta quotidiana. Ma cosa proporre ai nostri ospiti? Oltre ai vari piatti e porzioni della tradizione locale e familiare, vi propongo un piatto molto semplice, già completo di contorno, impreziosito solamente da una salsetta d’accompagnamento: il Manzo con salsa all’aglio.

Il Manzo con salsa all’aglio è una portata molto semplice da preparare e poco laboriosa. Certo non sembrerebbe proprio una pietanza da servire in un’occasione importante, ma quello che rende questo piatto veramente prelibato è la salsa che lo condisce. Dal sapore un po’ pungente, stemperato dal gusto vellutato della maionese, la salsa all’aglio è un ottimo condimento sia per le verdure grigliate, che per la carne ai ferri. E adesso … la ricetta del Manzo con salsa all’aglio.

Dalla Cucina Indonesiana: il Rendang di manzo

Rendang di manzo

Ispirato da dei discorsi fatti ieri sera con un mio caro amico, a proposito delle cucine del mondo ed il forte legame che vi è tra la cultura di un popolo e le loro tradizioni culinarie, oggi ho pensato di proporvi un piatto della Cucina Indonesiana: il Rendang di manzo.

Il Rendang di manzo, assomiglia molto al nostro spezzatino come aspetto e come tipo di portata, ma a differenza del piatto nostrano non viene cotto con le verdure e, come vuole la cucina indonesiana, è ricchissimo di spezie ed aromi di ogni tipo. La caratteristica fondamentale del Rendang di manzo è che la sua cottura deve esser lunga e a fuoco lento, in modo da far diventare la carne molto tenera e far assorbire completamente il latte di cocco, utilizzato per la cottura di questa portata, in modo graduale dalla carne. Ed ora vi lascio alla preparazione del Rendang di manzo.

Dopo le Esequie: Il Manzo alle Olive di Marjory

manzo

TEMPO: 40 minuti | COSTO: medio-alto | DIFFICOLTA’: medio-bassa | VEGETARIANA: no | PICCANTE: si | GLUTINE: no | BAMBINI: no

Continuando così a restare immersi nella lettura dei libri gialli arriviamo a “Dopo le Esequie” uno dei libri forse meno amati dai lettori, soprattutto per il ruolo marginale riservato a Poirot. Tuttavia questo romanzo é davvero ricco di riferimenti culinari e gastronomici come per il personaggio della cuoca Marjory per la quale a volte é possibile arrivare alla soluzione del mistero attraverso la buona cucina. “….la signora Gilchrist riferì le parole del signor Abernethie: basta coi vecchi rancori..Pierre ti ha reso felice per cui devo ammettere di essermi sbagliato. Sei contenta di questa mia ammissione? era un uomo garbato e anche bello nonostante l’età.

E quanto si é fermato? “Si é fermato per la colazione, avevo fatto il manzo con le olive” I ricordi della signora Gilchrist erano soprattutto culinari.

Un assaggio di cucina Thai: Manzo in salsa di Curry Rosso

curry rosso

TEMPO: 40 minuti | COSTO: medio-alto | DIFFICOLTA’: media | VEGETARIANA:  no | PICCANTE:  si | GLUTINE: no | BAMBINI: no

Nella cucina Thai il Curry non viene usato nella usuale forma che noi conosciamo, ovvero quella in polvere bensì in pasta che può essere rossa o verde. La differenza sostanziale tra le due é che mentre la prima é a base di peperoncini secchi la seconda é a base di peperoncini freschi e pertanto anche leggermente più fresca e “speziata” dell’altra. Il Curry come sappiamo é un mélange di diverse spezie. Ogni paese asiatico ne cambia poi la composizione e le proporzioni ottenendo così diversi tipi di curry da quello mild a quello sweet, come ci ha ben spiegato Salvina nel suo articolo. Comunque nella ricetta di oggi utilizzeremo il curry rosso in pasta e come nella migliore tradizione Thai lo diluiremo con il latte di cocco.

Il ragù della domenica

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TEMPO: 6-7 ore | COSTO: medio-alto | DIFFICOLTA’: difficile

VEGETARIANA: NO | PICCANTE: NO | GLUTINE: SI | BAMBINI: SI


Il ragù della domenica. In ogni famiglia napoletana “verace” il profumo di questa salsa si diffonde, anzi, forse sarebbe meglio dire “si diffondeva”, per tutta la casa, celebrando tutte le domeniche e ogni altra festa familiare.  E’ una tradizione che un po’ si è persa, ma personalmente credo che nelle mani di ogni napoletano risieda nascosta la capacità di preparare un ottimo ragù.

L’etimologia della parola è francese, deriva da ragout, parola che a sua volta proviene da ragouter, che significa rinforzare il gusto, e questa parola poi a sua volta deriva dal latino gustus. Il senso etimologico è proprio perfetto, la cottura così prolungata della salsa di pomodoro, che viene unita solo alla fine a una combinazione di ingredienti molto ricchi di grasso, e che adesso non si utilizzano nemmeno più in modo così preponderande anche nella cucina napoletana, e mi riferisco alla sugna, insomma, tutto ciò rinforza il gusto del ragù fino a renderlo così ricco e sublime, un’esperienza nuova e antica allo stesso tempo, per il nostro palato.

La sua origine dovrebbe risalire alla metà del ‘700, e probabilmente deriva dalla trasformazione di qualche ragù all’italiana già esistente, il primo a parlarne è stato il Cavalcanti, oltretutto citando questo sugo senza nemmeno dargli l’importanza che poi ha preso nel corso del tempo.

Ma lasciamo parlare la ricetta, che è così ricca da avere molte cose da dire!

Una gita in Romagna tra le leccornie del Ristorante Belvedere

ristorante belvedere

RISTORANTE BELVEDERE

LUOGO: Bertinoro via Mazzini | DATA: tutti i giorni tranne di mercoledì | PRODOTTI TIPICI: cucina romagnola e interpretazione di quella regionale italiana

Lo scorso week end sono andata a visitare la meravigliosa mostra del Canova – il moderno Fidia – a Forlì presso il Complesso  monumentale del San Domenico. Già che andavo da quelle parti ho deciso di provare un ristorante che si trova ad appena 15 km da Forlì, a Bertinoro, che la Camilla Baresani segnalava nella sua rubrica “il diario di una golosa” pubblicato sull’inserto domenicale del Sole 24 ore. 

Appena sono entrata ho trovato immediatamente un servizio impeccabile: accompagnamento al tavolo, cortesia con i bambini, disponibilità nell’esposizione dei piatti e  nella spiegazione dell’origine delle materie prime utilizzate. Il nome del ristorante deriva dalla splendida veduta di cui si può godere dalla terrazza, l’orizzonte arriva fino al mare Adriatico. La filosofia poi dello chef Andrea Ravidà risulta chiara appena si legge il menù: sfoglia rigorosamente tirata a mano, insalatina di campo con vinaigrette al mirtillo, filetto di porcellino al lardo ma anche manzo alla doppia cottura con chips all’aglio. Insomma come dice lo chef stesso la “cucina é un luogo dell’anima”, un’anima che chiaramente guarda alla tradizione del territorio ma che trae  ispirazione da tutta Italia.

Il sukiyaki: un piatto della cucina giapponese

Il Sukiyaki è un piatto della cucina giapponese nello stile nabemono (“alla pentola“). Generalmente viene preparato nei giorni più freddi dell’anno ed è un piatto comune per le feste di capodanno ma è possibile prepararlo anche in altri periodi dell’anno e consumarlo freddo. Come per altri piatti nabemono ogni regione giapponese ha una maniera preferita di cucinare il sukiyaki.

Per esempoio la salsa di soia, zucchero e mirin sono premiscelati nella regione del Kanton, mentre nel Kansai è consuetudine miscelare gli ingredienti al tavolo. Sukiyaki, o semplicemente “suki” è anche il nome di un tipo di pasto consumato in altre regioni dell’Asia. Il nome può essere usato per un piatto remotamente somigliante al sukiyaki giapponese composto da spaghetti di riso, maiale e salsa “sukiyaki” fino a un piatto in cui vengono cucinati vari tipi di carne e vegetali insieme nella stessa pentola. Ma ora bando alle chiacchiere vi presentiamo la ricetta:
Sukiyaki (ingredienti per 4 persone)
  • 300gr di filetto di manzo molto magro
  • 250gr di riso
  • 150gr di spaghetti di riso
  • 8 funghi cinesi secchi
  • 40gr di strutto
  • 2 cipolle
  • 2 porri
  • un pezzetto di cavolo bianco (circa 200gr)
  • 200gr di spinaci a foglie piccole e tenerissime
  • 200gr di germogli di bambù
  • 200gr di fagioli di soia in scatola o salsa di soia
  • 4 cucchiai di vino di riso (o di sherry)
  • un pizzico di zucchero
  • 4 tuorli
  • sale

Fonduta cinese (fondue chinoise), made in Canada

Quando desidero creare complicità e allegria in famiglia o con un paio di amici, il mio primo pensiero è sempre una fondue…. Il principio è sempre lo stesso, che si tratti di una fondue bourguignonne, una fonduta valdaostana (o savoiarda) o una fondue chinoise, tutti e tre ci ritroviamo intorno ad un pentolino a battagliare con i nostri forchettoni per riconquistare quel pezzetto di carne o di pane caduto nel fondo.
Si è già parlato della fonduta dolce, persino della curiosa fonduta mongola. Ma le “classiche” rimangono la fondue bourguignonne, a base di cubetti di carne che si fanno cucinare nell’apposita marmitta piena di olio aromatizzato bollente. Altrettanto famosa è la fonduta valdaostana (o savoiarda, o svizzera), una scelta di 3 formaggi sciolti in una miscela alcolica da degustare tuffandoci dentro pezzetti di pane.
Ma conoscete la fondue ‘cinese’? Al posto dell’olio o del formaggio, un brodo di manzo aromatizzato nel quale si fanno cucinare fettine sottili di carni diverse (manzo, maiale, pollo, anatra, agnello) e accanto alla carne pure una scelta di verdure ( funghetti, carotine, zucchine, peperoni). Ma non fate il mio stesso errore pensando…

”avrà sapore di carne bollita, sarà blanda…”

Perchè sono rimasta a bocca aperta quando ho degustato con scetticismo, la mia prima fondue ‘cinese’. Difatti il brodo somigliava più ad una salsa, ricca e gustosa che avvolgeva le fettine sottili di carne rendendole succose e saporite. Similmente scettica vedendo le verdurine sul piatto, mi sono detta …

”ecco, mi sembra una dieta ‘in bianco’: carne e verdure bollite…”

Ovviamente non conoscevo gli ingredienti del brodo e non potevo immaginare che tanto sapore potesse essere pure magro e salutare.
La particolarità di questa fondue è che invece di avere un ingrediente servito con una varietà di salse, offre una grande varietà di ingredienti cotti in una sola salsa. È un pasto completo e perfettamente equilibrato specialmente se accompagnato da un riso al vapore.
Da allora mi diverto a prepararla per i miei figli, sapendo che una odia l’anatra e la carne di maiale, l’altro odia l’agnello mentre il terzo non toccherebbe verdure manco se dovesse morir di fame… guardarli tuffare allegramente quei forchettoni pieni di ogni ingrediente senza protestare è per me una soddisfazione senza pari.

La Cina in cucina: tagliatelle dei dieci tesori

In Cina esistono tre tipi principali di pasta: alla farina di frumento -con o senza uova-, al riso ed alla soia. Queste tagliatelle dei dieci tesori, per la sapiente combinazione dei differenti sapori, sono un esempio di quella ricerca dell’equilibrio e dell’armonia attraverso i contrasti, tipici della gastronomia cinese.

Per preparare questa ricetta in cui la carne viene cotta molto velocemente, è preferibile scegliere dei tagli molto teneri e non fibrosi, come il filetto oppure il roast beef. Per avere un sapore più ricco possiamo inoltre sostituire il manzo con la carne d’agnello. Per i fagiolini, essendo fuori stagione, è preferibile usare quelli surgelati, oppure altre verdure, come zucchine, cimette di cavolfiore o broccoletti.

Questo piatto, nominalmente considerato un primo, rappresenta in realtà un perfetto piatto unico, adatto ad un pasto di mezzogiorno o ad una cena leggera, e può anche costituire un’originale alternativa alla spaghettata di mezzanotte!

Proviamo i Karpfelach, ravioli israeliani

Le paste ripiene, arrivate in tempi remoti dal lontano Oriente- sono i Tartari, infatti, a rivendicarne la paternità- pur tanto diffuse nelle aree continentali, non sono ancora riuscite a divenire parte integrante della cultura alimentare delle fasce costiere del Mediterraneo: l’unica eccezione sono i ravioli diffusi nelle aree ad influenza araba ed in Israele, ed è proprio una ricetta ebraica, più vicina forse ai gusti occidentali, quella che vi proporrò.

Alla base della ricetta troviamo dunque i ravioli, che secondo fonti attendibili ma non risolutive paiono esser stati inventati a Gavi Ligure nel medioevo (quando faceva parte della Repubblica Genovese) da una famiglia Raviolo, cognome che sopravvive anche ai giorni nostri: infatti a Gavi esiste tutt’oggi una “Confraternita del Raviolo e del Gavi” con tanto di divisa che ha lo scopo di propagandare la ricetta originale del raviolo.

Effettivamente i ravioli erano già adoperati nell’alto medioevo, e se è difficile stabilire storicamente una data di nascita precisa, certo è che già in Giovanni Boccaccio troviamo traccia del loro uso: “…niuna altra cosa facevano che far maccheroni e raviuoli e cuocergli…”. Vediamo ora come praparare questi robusti ravioli con ripieno di carne manzo e spinaci, ovverosia Karpfelach!

Il “gran bollito”, come vuole la tradizione piemontese…

I Piemontesi lo chiamano “il gran bollito” e sono i depositari dell’autentica ricetta: 7 tagli di manzo e di vitello, altrettanti “ornamenti” come la lingua, la testina, il cotechino, la gallina, la coda, la zampa, il tutto accompagnato da almeno tre verdure (carota sedano e cipolla) più tre salse, dette “bagnet”.
Per i palati più “semplici” possiamo ridurre il numero dei pezzi, basta non tralasciare nessun tipo di carne (manzo, vitello, maiale e pollo) e seguire sempre la regola essenziale: immergere la carne in acqua bollente per poi farla cuocere lentamente per ammorbidirne le fibre… alla fine ne rimarrà comunque un brodo estremamente gustoso!