Filetti di baccalà e pomodori: una ricetta semplice per cucinare il merluzzo

baccalà

Il baccalà è il merluzzo (nome di varie specie tra cui merluccius merluccius, pesce dal corpo affusolato presente nei mari del Nord e nel Mediterraneo) conservato sotto sale. La salagione ne consente la conservazione per molto tempo, e per questo viene impiegata fin dai tempi antichi per consentire il trasporto e la consumazione del pesce in luoghi anche assai distanti da quelli d’origine.

Si narra che la procedura di salagione del baccalà sia merito dei pescatori baschi che, seguendo i branchi di balene e arrivati al Mare del Nord, si imbatterono in enormi banchi di merluzzo verso l’isola di Terranova, ed usarono per questo pesce il procedimento di conservazione già da essi usato per la carne di balena.

Friggere con meno olio, in modo sano e gustoso

fritto

Penso che poche cose siano gustose quanto le fritture, ma spesso vengono evitate per motivi di dieta. Come fare quindi per gustarsi una buona frittura senza sentirsi continuamente in colpa? Basta seguire delle semplici indicazioni e scegliere con cura gli alimenti da friggere: i funghi ad esempio contengono poche calorie ed anche aggiungendovi quelle dell’olio e dell’impanatura non possono certo essere considerati bombe caloriche. Lo stesso vale per il resto delle verdure.

Innanzitutto è necessario sapere che ogni alimento va fritto in un modo specifico: è possibile friggere al naturale, con un’infarinatura, con un’impanatura o in pastella. La frittura al naturale è perfetta per le uova e le patate ed è il metodo più semplice in quanto basta immergere l’alimento nell’olio. L’infarinatura è il modo più adatto per friggere verdure come le melanzane, piccoli pesci e molluschi poichè così non ne viene coperto troppo il sapore dall’uovo. L’impanatura è la modalità di frittura più classica: l’alimento va passato prima nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato prima di tuffarlo nell’olio conferendogli così il tipico colore dorato del fritto. Alcuni preferiscono infarinare anche l’alimento prima di passarlo nell’uovo sbattuto: in questo modo l’impanatura si gonfia maggiormente e diventa più croccante. Questo tipo di frittura è perfetto per il pollo ad esempio.

Verdura e frutta sono ottime fritte in pastella: quest’ultima può essere preparata in svariati modi. Obbligatori sono la farina e le uova, poi c’è chi usa il latte e chi l’acqua. Io personalmente ritengo che le migliori pastelle vengano con la birra o, in mancanza di quest’ultima con dell’acqua gassata.

Crêpes alla nutella, panna montata e cocco. E un po’ di storia…

crepe

La crêpe è una cialda sottile, preparata con farina, latte, uova e burro e fatta cuocere, alternativamente su entrambi i lati, su una superficie rovente, dalla più comune padella alla crêpiera professionale. Il nome crêpe deriva dal latino crispa, che significa increspato. Al di là della distinzione fra variante salata e crêpes dolci, una più sottile demarcazione viene operata in Francia sulla base del tipo di farina utilizzato: farina di frumento o farina di grano saraceno (la cosiddetta farina di grano nero). In genere la prima viene destinata alla preparazione delle crêpes dolci, le seconda ad un impasto salato.

Malgrado si consideri una specialità francese, la crêpe ha degli equivalenti in numerosi altri Paesi: l’injera in Etiopia, la tortilla in Messico, la dosa in India e il talo nei Paesi Baschi. In Italia si possono gustare delle ottime crêpes soprattutto nel Salento, in Puglia, dove è la variante dolce ad aver avuto la meglio. Nei numerosi chioschi presenti per le strade di Lecce, Otranto, Gallipoli e nella maggioranza dei comuni della zona, si possono gustare delle squisite crêpes ripiene di cioccolata, panna, crema di whisky e cosparse con noccioline, torrone, cereali, polvere di cocco. Ce n’è per tutti i gusti. Ma per chi è lontano dalla terre del Salento, oggi propongo la ricetta delle crêpes dolci, da fare e gustare comodamente a casa!

L’olio d’oliva: vergine, extra vergine, greggio, raffinato. Impariamo a conoscerlo.

È il condimento che nella nostra cucina viene usato quotidianamente su tutte le pietanze, è un caposaldo della dieta mediterranea e l’Italia è il secondo produttore europeo, parliamo dell’olio d’oliva.

La produzione d’olio d’oliva nella nostra nazione perde le sue radici in tempi molto lontani, basti pensare che, ancora oggi, l’olio si produce con le stesse tecniche usate nell’età mesolitica anche se, ovviamente, modernizzate.

L’ulivo è una pianta tipica del Mediterraneo, ed infatti, i maggiori produttori d’olio sono Grecia, Spagna e Tunisia, ma l’olio italiano è uno tra i più pregiati per le sue qualità organolettiche, ed è per questo che spesso è oggetto di frodi.

Cenci dolci, Struffoli, Frappe e Frittelle: Geografia dei dolci di carnevale

carnevale

 

Possiamo ufficialmente dire di essere entrati nel periodo di Carnevale: domenica hanno avuto luogo le prime sfilate a Viareggio e Putigliano, il 26 ci sarà la parata di apertura ad Acireale ed avranno inizio i festeggiamenti a Venezia.

 

E cosa vuol dire Carnevale? Maschere, sicuramente, scherzi ed allegria senza dubbio, ma anche tanti, tantissimi dolci! Le ricette tipiche di questo periodo sono innumerevoli ed ogni regione italiana ha delle specialità. Il primo posto dell’hit parade dei dolci di carnevale sono i dolci fritti, come la cicerchiata abruzzese, gli struffoli napoletani, le castagnole friulane, i ravioli dolci ed il più tradizionale di tutti: le chiacchere!

 

Le chiacchere sono diffuse in tutta Italia, sebbene siano conosciute con nomi diversi: in Friuli si chiamano grostoli. in Emilia sfrappole, in Veneto galani, nelle Marche e nel Lazio frappe, in Piemonte bugie ed in Toscana cenci o stracci. La ricetta è simile ovunque anche se le variazioni non mancano. Io sono Toscana e i cenci qui si fanno così:

 

Si prepara un impasto lavorando insieme
  • ½ chilo di farina
  • 2 uova intere e 2 tuorli
  • 2 cucchiai di zucchero
  • 1 bicchierino di vino bianco
  • 1 bicchierino di liquore (anche vin santo)
  • 30 g di burro
  • Una presa di sale

Una tisana per ogni rimedio: dallo sciamano alla…nonna!

Nelle culture primitive, quando ancora non esistevano i farmaci e i concentrati di medicinali chimici, i rimedi contro le più comuni patologie erano tutti naturali, basati su preparati a base di erbe, impacchi e infusi di vari tipi. Non solo, per curare i mali si ricorreva all’uso della magia e di particolari rituali propiziatori degli spiriti. Basti pensare allo stregone di molte tribù africane o alla figura dello sciamano, presente nelle popolazioni indiane. Si trattava di rituali specifici per ogni tipo di mediazione con le potenze sovrannaturali, dalla protezione per un viaggio alla guarigione da febbri e malattie, dal favore per la vittoria in guerra alle cerimonie di passaggio all’età adulta, tutto era inquadrato in particolari riti: sequenze di movimenti, uso di erbe dalle mille virtù, danze, invocazioni, formule magiche.

La cultura occidentale ha un corrispondente “sciamanico” nella figura della nonna e dei suoi rimedi naturali. Chi non ha mai applicato almeno una volta i rimedi alternativi proposti dalla saggezza dei nostri avi? Dal miele come lenitivo della tosse all’olio come decongestionante, alla menta come sbiancante e chi più ne ha, più ne metta.

Più di recente la medicina naturale ha fatto del curarsi con gli aromi e le erbe una vera e propria scienza. In commercio esistono vari preparati e tisane a base di erbe che propongono soluzioni e cura di numerosi disturbi: dall’insonnia alla depressione, dal metabolismo alla memoria, questi antichi rimedi sembrano fornire la chiave alla soluzione di tutti i malesseri. Vediamo quali sono le principali erbe e piante officinali impiegate dalla medicina alternativa e precisamente dall’omeopatia e i loro usi.

La baguette: più che un pane, un simbolo!

La baguette, il caratteristico filone di pane francese, è larga circa 5 o 6 centimetri, alta 3 o 4 centimetri e lunga pressappoco 65 centimetri. Il peso di una baguette è di 250 grammi. Contraddistinta dalla crosta croccante e dorata, all’interno è invece morbida e bianca. Un ottimo metodo per valutarne la qualità è pressarla con le mani, una volta allentata la presa la vera baguette, infatti, riprende la sua forma.

Malgrado in Francia esistano altre varianti di pane, la baguette è diventata un simbolo della Francia, e più nello specifico di Parigi. Durante un mio viaggio nella capitale francese, sono rimasta sbalordita dalle mille occorrenze in cui era presente: partendo dalla mattina a colazione, accompagnata da burro e marmellata (nel bed and breakfast di Montmartre in cui alloggiavo servivano le demi-baguettes ancora calde di forno), per arrivare allo spuntino di metà mattinata o al pranzo con la demi-baguette o sandwich nei mille chioschi disseminati per la città, che ne propongono diverse varianti: farcita con prosciutto crudo o cotto, tonno, insalata, uova, formaggio, pomodori. Alcune sono talmente colme che strabordano! Alla sera non è certo raro poi veder rientrare i parigini dal lavoro, in metro o per strada, con una baguette sotto il braccio, acquistata nelle boulangeries, l’equivalente dei panifici italiani.

Il peperoncino: Mille e una virtù…piccanti!

peperoncini

Peperoncino.

Il peperoncino appartiene al genere del Capsicum, della famiglia delle Solanacee, la cui radice latina capsa significa scatola e deve il nome alla forma del frutto, che sembra rimandare proprio ad una scatola contenente i semi. Altra versione vuole invece che il nome tragga la sua radice dal greco kapto, mordere, con riferimento al gusto piccante che morde il palato quando si mangia. Il nome “peperoncino” invece gli deriva dalla somiglianza di gusto con il pepe, il piper latino.

Il peperoncino era già usato come spezia dagli indiani del Messico e del Cile, e fu importato in Europa da Colombo nel 1493 e successivamente diffuso nel continente dagli spagnoli. Nel nuovo mondo era invece chiamato chili, termine che appartiene alla lingua nahuatl, e tale è rimasto in lingua inglese.

La pianta, un arbusto perenne a vita breve, può essere coltivata anche su un balcone. La semina avviene a febbraio al centrosud e a marzo al nord, i frutti si raccolgono in estate-autunno. E’ bene consumare freschi i peperoncini, affinché non perdano le loro proprietà, ma possono anche essere conservati sott’olio o in polvere (dopo averli fatti seccare al sole e tritati).

Finger Food? Proviamo con polenta e uvetta

Tante volte capita di invitare gli amici per vedere un film, una partita o semplicemente per fare due chiacchiere, e in queste occasioni si presenta il solito cruccio: cosa offrire agli ospiti? La solita cena, tutti intorno ad un tavolo, apparecchiare, preparare, star seduti per delle ore, dover fare avanti ed indietro dalla cucina, la serata rischia di diventare interminabile, semplifichiamo tutto con il finger food.

La traduzione di finger food è cibo da mangiare con le dita, quindi del cibo organizzato in piccole porzioni che si possono prendere con le mani senza bisogno di utilizzare le posate, così da rendere meno formale e più semplice il momento del pasto.

E’ una nuova tendenza inglese che si sta sviluppando anche in Italia e che rappresenta ormai un fenomeno di portata mondiale. Intendiamoci, è praticamente il nostro tradizionale buffet, con tanti stuzzichini, arricchito di idee più sfiziose e stuzzicanti che riescono a sostituire un pasto. Ideale per le cene tra amici, soprattutto quando gli amici sono tanti e le sedie scarseggiano ma versatile anche per un tête- à- tête romantico.

Curcuma: Una spezia antitumorale

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La curcuma appartiene alla famiglia dello zenzero, viene prodotta in alcuni paesi come la Cina, l’Indonesia, il Costa Rica e l’India. Questa spezia oltre ad essere usata in ambito gastronomico, è alla base di tutta la medicina tradizionale. In India, che rimane il primo paese produttore al mondo, è utilizzata da sempre nella medicina Ayurvedica.

La curcuma è un ottimo antiossidante e tonico epatico. Il principio attivo di questa spezia agisce proteggendo le cellule epatiche dalle tossine. Nei tempi antichi veniva utilizzata per i problemi digestivi, anche perchè produce in maniera massiccia, il muco ad azione protettiva delle cellule stomacali.

Basilicata: lo “zafarano”, il peperone di Senise

Nelle province di Matera e Potenza viene coltivato un tipo particolare di peperone, detto di “Senise”, che ha origini americane. Vengono seminati a febbraio-marzo e la raccolta avviene a mano in estate, in piena maturazione.
Si presenta di colore verde o rosso, con forma appuntita, a tronco o a uncino, della lunghezza di circa 15 centimetri. Ha un sentore vegetale e sapore intenso, dolce e persistente.
Oltre che fresco, il peperone di Senise è noto per la commercializzazione secca o in polvere. La sua polpa sottile e povera d’acqua infatti lo rende particolarmente adatto all’essiccazione. Tale procedimento si effettua lasciando i peperoni appena raccolti in locali areati, infilandoli poi a collana dalla parte del picciolo e infine esponendo le cosiddette “serte” al sole. I peperoni destinati alla polverizzazione, invece, subiscono un ulteriore trattamento di essiccazione, questa volta in formo, prima di essere macinati. Le ragioni per la commercializzazione in polvere di questa varietà risalgono al XVI secolo, quando l’ingente produzione locale rendeva difficoltoso trasportare il prodotto intero. Infine, poiché la polvere di peperone ricordava quella dello zafferano, il peperone assunse il termine dialettale di “zafarano”.