Come si produce uno degli alimenti più calorici e usati della cucina mondiale: il burro

Quante volte ci è capitato di non mangiare qualcosa perché conteneva del burro? In quante occasioni ci siamo sentiti dire che il burro fa male? Bene, io sono una tra quelli che lo mangia il meno possibile perché atavicamente convinta che sia dannoso per la salute…e per i rotolini! Se ci penso, però, non mi sono mai documentata con serietà al riguardo; credo sia arrivato il momento di farlo, anche perché, diciamocelo in tutta onestà: le cose fatte con il burro, spesso, sono le più buone!

Con il termine burro, si intende quel prodotto ottenuto dalle creme ricavate esclusivamente dal latte di vacca, il cui contenuto in grasso non deve essere inferiore all’82%. Il metodo originario per la produzione della crema di latte ( o panna) è il procedimento che prende il nome di affioramento: il latte intero viene lasciato per circa 12 ore in apposite vasche, in ambiente fresco; a causa del suo peso inferiore, il grasso, affiora e crea, appunto, la crema. Dopo l’affioramento si passa alla sfioratura ossia l’asportazione della crema. Ciò che resta nelle vasche altro non è che il classico latte scremato. Oggi, questo sistema non è più in auge e si arriva alla formazione della panna attraverso la centrifugazione con macchine chiamata scrematrici per la loro funzione di scremare il latte; i risultati sono, praticamente, i medesimi ma il secondo metodo è più pratico…l’eterna lotta tra tradizione e tecnologia!

Una volta ottenuta la crema è necessario pastorizzarla per ridurre la flora batterica e per prolungarne la conservazione (del burro). Dopo essere stata depurata, la crema viene fatte maturare inserendovi dei fermenti particolari cosicchè questa sviluppi il sapore inconfondibile del burro. L’ultimo procedimento prima del confezionamento è quello della burrificazione, uno sbattimento intenso della crema finchè no rassoda o, come è giusto dire, burrifica. Ora il burro è pronto ad arrivare sulle nostre tavole!

Trippa alla fiorentina: la ricetta della nonna

“TRIPPERIA DA SERGIO E PIERPAOLO”, Via dei Macci, Firenze…assolutamente da non perdere!

I più schizzinosi storceranno subito il naso all’idea di mangiare le interiora di un animale ma questo è un modo assai riduttivo di definire una prelibatezza come la trippa.
La trippa, al contrario di come molti pensano, non è l’intestino del bovino ma alcune parti dello stomaco che prendono il nome di frattaglie, ossia la parte commestibile delle interiora di un animale.

Questo particolare prodotto dall’aspetto assai curioso era conosciuto fin dall’antichità: i greci la cuocevano sulla brace insaporendola con rosmarino ed altre spezie; i romani, invece, ne facevano delle salsicce dal sapore delicato che possono essere paragonate al salame di trippa, una specialità della provincia torinese di Moncalieri che consiste in un salame fatto con trippe di vitello bollite, sbiancate e tritate.

Celiachia: mangiare bene anche senza glutine

celiachia

Innanzitutto cos’è la celiachia? E’ un’intolleranza alimentare permanente al glutine, sostanza che si trova nei cereali, come frumento, avena, orzo, segale e tutti i loro derivati. Questo tipo di intolleranza sta colpendo sempre più soggetti, con un aumento del 9% l’anno. Chi soffre di celiachia deve rispettare una dieta rigida e fare attenzione ad evitare rigorosamente ogni alimento che contenga glutine, la cui ingestione causerebbe danni. L’ingestione di anche piccole quantità di questa sostanza crea una specie di intossicazione intestinale che compromette la funzionalità e l’assorbimento del cibo. A patto di rispettare questa dieta è possibile vivere una vita normalissima. Ma è possibile mangiare bene anche senza glutine?

Il primo problema riguarda l’acquisto dei prodotti: non solo i cereali non permessi ai celiaci sono presenti in moltissimi prodotti alimentari che costituiscono la base dell’alimentazione, soprattutto italiana, ma è necessario fare attenzione al rischio di contaminazione alimentare, spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare. Oggi è molto più facile acquistare prodotti per celiaci grazie alla rete e tutti coloro affetti da questa intolleranza possono così mangiare pasta e pane.

Un luogo comune molto diffuso è però quello che descrive la cucina per celiaci come priva di sapore e monotona: niente di più falso! Anche senza glutine è possibile cucinare con fantasia e mangiare con gusto!

Curarsi con l’aglio: la bagna cauda

Nel corso dei secoli, l’aglio, dal latino Allium Sativum è stato usato per curare numerosi malanni, più o meno gravi.
Alla luce dei moderni studi, per alcuni di questi, come la caduta dei capelli, l’epilessia o addirittura la sterilità non si è riusciti a spiegarne l’utilizzo, dal momento che non darebbe nessun risultato.

Ciononostante, negli ultimi 50 anni è stato provato che l’aglio, è utilissimo nella prevenzione e nella terapia contro alcune malattie fortemente debilitanti come l’arteriosclerosi ed i problemi cardiovascolari, inoltre rappresenta un utile alleato per chi soffre di pressione alta e tonifica il muscolo cardiaco.
Ma questi sono solo alcuni dei molteplici effetti positivi che derivano dall’uso costante e metodico dell’aglio: i principi attivi dell’aglio, infatti, vengono trasportati per tutto il corpo umano tramite il sangue entrando in contatto con gli organi principali ed esercitando la sua attività antibatterica, disinfettante e diuretica.

Storia di una patata viaggiatrice (che finì come patata arrosto)


Bea, Bintje, Jaerla…… no, non sono strani nomi esotici di moda fra le celebrità di Hollywood e dintorni, ma alcune delle numerosissime varietà di patate esistenti nel nostro paese!Sono passati ormai più di cinque secoli da quando, nel 1538, lo spagnolo Pedro Cieza De Leòn venne a conoscenza delle PAPAS, un tubero che costituiva l’alimento principale (e veniva anche considerato alla stregua di una divinità dagli antichi Incas) nella cucina degli abitanti degli altipiani andini in Sudamerica.

Non passeranno molti anni da quel giorno e la patata (dal latino Solanum Tuberosum) approderà in Spagna portata dai conquistadores. A quel tempo, il prezioso tubero divenne famoso soprattutto per le sue proprietà curative: ad esempio nel caso di disturbi digestivi o, addirittura, crudo e tagliato a fette da appoggiare sulla fronte per combattere il mal di testa.Continuò per molto tempo a passare ininterrottamente di mano in mano, da Re a Cardinali, da Prefetti a botanici: chi (ben pochi!) lo usava come alimento, chi come medicamento, chi ancora si faceva ricamare pizzi e merletti sui quali l’immagine della patata rappresentava elemento decorativo… si narra che Maria Antonietta usasse la patata persino per acconciarsi i capelli!