Dolcetti di fichi secchi

dolcetti fichi

Ci avviciniamo alla stagione caratteristica della frutta secca e un ottimo modo per utilizzare fichi, prugne, albicocche e datteri, oltre alle mandorle, alle nocciole e alle altre specialità del genere, è quello di preparare dei dolci! In commercio troviamo la frutta secca intera, a pezzi, sminuzzata, in polvere e questo ci permette di utilizzarla in moltissimi modi all’interno delle ricette, non solo dolci per giunta.

La frutta secca può essere divisa in due categorie: glucidica e lipidica. Praticamente tutta la frutta che abitualmente consumiamo fresca può essere essiccata e da essa si ottiene la frutta secca glucidica. Per quanto riguarda la frutta secca lipidica invece in Italia non troviamo con facilità tutte le varietà, è facilissimo reperire arachidi, noci, nocciole, mandorle, noci brasiliane e pinoli, ma gli stessi anacardi non sono facili da trovare e ancora meno frutti come macadamia e pecan. La frutta secca lipidica non comprende solo frutti veri e propri, ma anche semi di alcune piante o di legumi, come nel caso delle arachidi.

Tornando ai nostri fichi secchi una delle caratteristiche della frutta secca glucidica è quella che per conoscere le sue proprietà basta conoscere quelle della frutta fresca prima che venga essicata, visto che rimangono inalterate. Per quanto riguarda il fico esso viene fatto essicare al sole, dopo essere stato raccolto nel periodo di massima maturazione, utilizzando trattamenti di disinfestazione fisici o chimici. In Italia le regioni che producono i fichi secchi sono la Puglia, la Calabria e la Sicilia, ma è da segnalare anche la Toscana per il suo famoso fico secco di Carmignano, prodotto vicino Prato. Le varietà utilizzate in Italia per la produzione di fichi secchi sono principalmente Farà, Pissalutto, Brogiotto e Dottato, mentre in Turchia, paese che risulta il maggiore produttore di fichi secchi, viene utilizzata la varietà Fico di Smime.

La carne di manzo: i vari tagli


Quest’oggi invece di presentarvi la consueta ricetta vogliamo fare un pò di scuola di cucina parlandovi di una tipologia di carne molto diffusa: la carne di manzo. La carne di manzo ha colore rosso vivace, grana consistente e abbondanti striature di colore bianco o giallo chiaro secondo la varietà. Questa carne si ottiene macellando le bestie comprese tra i due e i cinque anni di età. Si tratta di carne molto saporita, sostanziosa e nutriente.

Più che nel vitello bisogna selezionare attentamente la qualità per non ottenere risultati deludenti da carni troppo dure, generalmente di animali mal allevati e mal nutriti o adibiti al lavoro dei campi per diverso tempo. Il manzo una volta macellato, viene privato della pelle, della testa, della coda e delle frattaglie e tagliato prima longitudinalmente e poi in quarti tra l’ottava e la decima vertebra: dai quarti così ottenuti si ricavano i vari tagli tenendo presente che i quarti posteriori sono più pregiati di quelli anteriori. Eccovi i principali tagli di manzo ed i loro impieghi ideali:

  • Filetto: carne molto tenera e assai pregiata, ottima ai ferri, alla griglia e in padella o anche cruda.
  • Roast-beef: può essere a costata o a lombata. La costata può essere cucinata alla griglia, ai ferri o in padella (ricordiamo la famosa costata alla fiorentina). La lombata si cucina a fette, ai ferri, alla griglia o in padella; oppure arrotolata, al tegame o al forno.
  • Noce: è costituita dalla parte muscolosa della coscia; la sua polpa tenerissima e gustosa è l’ideale per le bistecche ma si può mangiare anche cruda.
  • Scamone: è quel taglio di carne muscolosa situata posteriormente rispetto al roast-beef. Adatto per arrosti e prelibati bolliti.
  • Fetta di manzo: comprende il magatello o girello e il pesce, è costituita dalla parte esterna della coscia. Particolarmente indicata per brasati.
  • Rosa: è la parte più esterna della coscia. E’ ottima brasata o arrosto, ma più comunemente viene usata per bistecche, cotolette o scaloppine.
  • Sottospalla: appartiene al quarto anteriore dell’animale, cioè alla spalla, e comprende il fondo del cappello da prete e la parte del fusillo, divise da una sottile lamina ossea. Intera è adattissima per i bolliti, tagliata se ne può ottenere un ottimo ed economico spezzatino.

“Dimagriti” i bovini, una ragione in più per sceglierli

Uno studio dell’Inran riporta dati interessanti circa la quantità di grassi dei tagli più nobili dei bovini, stimati in diminuzione del 50 % circa rispetto a dodici anni fa, a tutto vantaggio del loro uso in cucina. Esistono infatti differenze sottili e poco appariscenti anche all’interno di una stessa classe di animali: la composizione e la digeribilità delle carni fresche varia a seconda della specie, dell’età, del sesso, ma anche dello stato fisiologico e della alimentazione dell’animale. I costituenti che maggiormente variano sono due: acqua e grasso.

E’ proprio a proposito dei grassi che si evidenziano le modifiche più sostanziali nel corso degli ultimi anni. Il risultato dello studio Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), protrattosi per diverso tempo, ci informa che la carne che arriva attualmente alla nostra tavola è diversa, più povera in grassi saturi: emerge chiaramente come negli ultimi 12 anni (gli ultimi dati ufficiali risalgono infatti al 1996) la composizione nutrizionale della carne sia profondamente cambiata soprattutto con riferimento al contenuto in grasso.

Tale quota, nei diversi tagli di carne bovina analizzati, risulta ampiamente ridotta grazie a sistemi di alimentazione degli animali sempre più controllati e rispettosi delle loro esigenze naturali e a sistemi di allevamento improntati al massimo rispetto del benessere degli animali allevati.