Come si annusa un vino. I segreti dei Sommelier

Molto spesso avrete visto in TV le esibizioni di Albanese e le sue dissacranti prese in giro del mestiere di noi sommelier. Ovviamente piacciono anche a noi perchè ci permettono di capire quali sono gli aspetti del nostro lavoro che maggiormente colpiscono e affascinano il pubblico e quali invece sono le parti che ci espongono al ridicolo. Di sicuro l’annusare un vino e cominciare a descrire gli aromi più disparati è pratica comune e quella che rimane più impressa anche perchè appare purtroppo spesso molto distante da quanto effettivamente ci pare di annusare nel nostro bicchiere!

In realtà i sommelier partono sicuramente avvantaggiati in quanto una serie ripetuta di assaggi di una tipologia di vino permettono di ricordare alcuni aromi tipici di un certo vitigno o di una certa zona e vengono a volte nominati per abitudine più che per effettiva presenza in quel momento nel bicchiere. Per esempio, la viola nel Chianti Classico, il peperone verde nel Cabernet e la cosiddetta “pipì di gatto” nel Sauvignon Bianco sono alcuni sentori che un sommelier in genere enuncia a prescindere dal fatto che siano davvero così evidenti nel bicchiere che sta degustando.
Altro aspetto che differenzia i Sommelier dalle persone “normali” (nel senso di sane di mente…) è l’allenamento che fanno ogni giorno per associare ad ogni traccia di molecola odorosa nel vino un corrispondente nome. Questa è un’attività in realtà più complessa di quello che sembri in quanto nel nostro cervello, come cerco di spiegare in questo breve podcast, la memoria olfattiva che ci permette di capire che un certo profumo è quello ad esempio di “fragola” (sistema limbico) è archiviata in una zona molto diversa dal lobo che racchiude le funzioni legate al linguaggio.


Si tratta infatti di due caratteristiche umane che si sono sviluppate a distanza di milioni di anni l’una dall’altra. Questo spiega perchè non appena un sommelier vi nomina la parola corrispondente ad un sentore (anche particolare come anice o finocchio) se sono effettivamente presenti nel vino, è facile sentire esclamare “Lo stavo per dire!”. E’ esattamente così perchè l’odore era stato effettivamente percepito ma la difficoltà stava appunto nell’associare a quel determinato odore una parola.

Quindi in definitiva un bravo sommelier non inventa profumi e non indulge in descrizioni fantasiose ma semplicemente vi aiuta a fare dei collegamenti mentali che sono troppo faticosi per persone che non lo fanno tutti i giorni.

Diciamo come gli sherpa che vi portano lo zaino se volete andare sul K2.

[photo courtesy of pedrosimoes7 – flickr]