Novembre mese di Vino Novello, impariamo a conoscerlo [2]


Dopo aver parlato di come si fa il vino novello, possiamo passare ad osservarlo come dire … nel suo aspetto fisico. La particolarità che colpisce subito l’occhio, non appena si versa il primo goccio di vino novello nel bicchiere, è il colore molto particolare di questa tipologia di vino. Nel bicchiere, il vino, appare con un colore particolarmente vivo e brillante di tonalità porpora con riflessi violacei, che preannuncia profumi freschi ed intensi.

Dopo aver ammirato lo splendido colore del Novello, accostando il bicchiere al naso potremo cogliere dei profumi molti spiccati di frutti di bosco, di lamponi ed in generale dei piccoli frutti rossi. In bocca il vino novello rinnova le sensazioni che aveva dato all’olfatto, prevalgono, infatti, sapori fruttati e freschi, dosati ad una buona acidità.

Novembre mese di Vino Novello, impariamo a conoscerlo [1]

Il giorno di San Martino è una giornata particolare per tutti gli amanti del vino e soprattutto per chi il vino lo produce! Per quale motivo? Ebbene, in questa giornata ricade la data tanto attesa dell’apertura delle prime bottiglie di vino dell’ultima vendemmia.

Ma le bottiglie che si stappano, non contengono il vino tradizionale, ma un particolare prodotto: il vino Novello. Il Novello, è il vino nuovo, giovane, dai profumi freschi e molto fruttati, risultato di una particolare tecnica di vinificazione, che permette di ottenere questo tipo di prodotto, molto singolare nel suo genere.

Il caratteristico metodo di lavorazione delle uve che porta all’ottenimento del vino novello fu messo appunto da alcuni ricercatori francesi, ed il prodotto che ne venne fuori è stato il Beaujolais Nouveau, un vino ottenuto da un tipo di macerazione al quanto singolare,detta macerazione carbonica, che successivamente iniziò a diffondersi anche in Italia, come vino Novello, e che oggi è diventato un prodotto lavorato da tutti i Paesi vinicoli.

Come si annusa un vino. I segreti dei Sommelier

Molto spesso avrete visto in TV le esibizioni di Albanese e le sue dissacranti prese in giro del mestiere di noi sommelier. Ovviamente piacciono anche a noi perchè ci permettono di capire quali sono gli aspetti del nostro lavoro che maggiormente colpiscono e affascinano il pubblico e quali invece sono le parti che ci espongono al ridicolo. Di sicuro l’annusare un vino e cominciare a descrire gli aromi più disparati è pratica comune e quella che rimane più impressa anche perchè appare purtroppo spesso molto distante da quanto effettivamente ci pare di annusare nel nostro bicchiere!

In realtà i sommelier partono sicuramente avvantaggiati in quanto una serie ripetuta di assaggi di una tipologia di vino permettono di ricordare alcuni aromi tipici di un certo vitigno o di una certa zona e vengono a volte nominati per abitudine più che per effettiva presenza in quel momento nel bicchiere. Per esempio, la viola nel Chianti Classico, il peperone verde nel Cabernet e la cosiddetta “pipì di gatto” nel Sauvignon Bianco sono alcuni sentori che un sommelier in genere enuncia a prescindere dal fatto che siano davvero così evidenti nel bicchiere che sta degustando.
Altro aspetto che differenzia i Sommelier dalle persone “normali” (nel senso di sane di mente…) è l’allenamento che fanno ogni giorno per associare ad ogni traccia di molecola odorosa nel vino un corrispondente nome. Questa è un’attività in realtà più complessa di quello che sembri in quanto nel nostro cervello, come cerco di spiegare in questo breve podcast, la memoria olfattiva che ci permette di capire che un certo profumo è quello ad esempio di “fragola” (sistema limbico) è archiviata in una zona molto diversa dal lobo che racchiude le funzioni legate al linguaggio.