Amaranto, cibo del futuro secondo l’Accademia dei Georgofili

Amaranto cibo futuro secondo Accademia Georgofili

L’amaranto è una pianta, originaria del centro America, i cui chicchi vengono consumati alla stregua dei cereali tanto da meritarsi l’appellativo di pseudocereale. Alimento molto interessante spesso al centro di ricerche mirate, è privo di glutine e ricco di proteine. E proprio l’amaranto è stato al centro di un’importante incontro presso l’Accademia dei Georgofili nei giorni scorsi. Secondo quanto emerso, lo pseudocereale potrebbe costituire il cibo del futuro.

Ciò perchè sarebbe caratterizzato da un elevato apporto di calcio e proteine superiore di gran lunga a quello di molti degli alimenti utilizzati solitamente nella nostra dieta alimentare come i cereali, i fagioli, la soia, il latte, la carne e le uova. Oltre questo, altro punto a suo favore il contenuto della lisina, sostanza indispensabile nell’alimentazione umana che favorisce la produzione degli anticorpi, degli ormoni e degli enzimi. L’amaranto risulta quindi essere l’alimento ideale per i celiaci, per i vegetariani e potrebbe essere tranquillamente introdotto nella dieta dei soggetti colpiti da obesità, sovrappeso e diabete. Facilmente reperibile ormai presso gran parte dei supermercati, contiene anche una quantità notevole di fibra, di minerali e di grassi “buoni” utili per il nostro organismo.

Oltre i suoi chicchi consumabili sono anche le foglie dell‘amaranto, utilizzabile in cucina allo stesso modo di molte verdure. I benefici dell’amaranto non finiscono quì, il suo olio è ottimo nella cura di pelle e capelli, mentre ancora da alcune varietà  può essere ricavato un colorante rosso utile in campo alimentare. E come afferma Paolo Casini, associato di Agronomia e coltivazioni erbacee, questa pianta, coltivata per secoli e cibo dei Maya, degli Incas e degli Aztechi, “non è destinata a sostituire nessuno dei grandi cereali, ma in viste le sue molteplici utilizzazioni potrebbe soddisfare nel mercato attuale la richiesta di semi (farina) e di olio, oggi coperta in gran parte dall’importazione”.

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