Piatti poveri italiani, dove mangiarli secondo The Fork

Amanti della cucina povera? Se non sapere rinunciare alla bontà della cucina italiana, ma neppure alla golosità dei piatti poveri che caratterizzano le tradizioni gastronomiche del nostro Paese, ecco allora una classifica per orientarsi al meglio. A suggerire dove gustare i piatti della tradizione poveri della tradizione e base di “quinto quarto” (che non rientra nei quattro tagli principali anteriori e posteriori dell’animale), è che TheFork. 

Uova trippa, piatti poveri

La rivalutazione dei piatti poveri italiani arriva anche dal rilancio della moda dello street food, una tendenza sempre più diffusa a livello nazionale e internazionale.

Spazio quindi a tagli certamente meno nobili, come interiora, zampette e ogni altro scarto che risulti commestibile, ma che diventano ingredienti centrali di tanti piatti da riscoprire della tradizionale gastronomica italiana. 

Finanziera: nasce in Piemonte durante il Medioevo ed è piatto ancora oggi molto diffuso in questa regione. Nei secoli ha subito diverse varianti, ma di base si tratta di un piatto a base di frattaglie.

Dove provarla: La Taverna di Fra’ Fiusch, Torino 

Fritto misto alla Piemontese: è un piatto tipico della cucina piemontese. Anche il fritto misto alla piemontese è un piatto molto antico che ha subito diverse variazioni nel tempo, sempre e ovviamente a base di frattaglie.

Dove provarlo: Porto di Savona, Torino 

Fegato alla veneziana: fegato resta una delle interiora che più comunemente si trasformano in pietanza. In Veneto si prepara con due ingredienti  principali: il fegato (secondo tradizione di maiale) e le cipolle, solitamente la bianca di Chioggia.

Dove provarlo: Hostaria Osottoosopra, Venezia 

Torcinelli: torcinelli cambiano nome a seconda della regione d’appartenenza: gnummareddi, mazzarelle, mugliatielli, abbuoti, abbricchie, mboti, merretti. Di fatto restano involtini a base di interiora di agnello o capretto in budello. 

Dove provarli: Il Fornello Pugliese, Montesilvano (PE) 

Lampredotto: il celebre lampredotto è un famosissimo piatto tipico della cucina fiorentina e si prepara con uno dei quattro stomaci del bovino, l’abomaso. È un piatto molto povero della tradizione toscana, oggi consumato anche in versione street food venduto dai cosiddetti “lampredottai”.

Dove provarlo: La Vecchia Maniera, Firenze 

Lingua: è un piatto pregiato a base di lingua di manzo e si può preparare in molti modi diversi. Può essere tonnata, abbinata a verdure croccanti e frutto di cappero.

Dove provarla: Quinto quarto e dintorni, Sesto Fiorentino (FI) 

Rigatoni alla Pajata: la pagliata (in dialetto romano “pajata”) è il termine con cui si identifica l’intestino tenue del vitellino da latte o del bue. Si abbina a diverse ricette, una delle più famose è la ricetta dei rigatoni alla pajata.

Dove provarli: Trattoria Romana da Claudio La Melissa, Roma 

Trippa: il termine trippa deriva forse dal francese, “mucchio” ed è un piatto molto comune nella tradizione romana. Si prepara con diverse parti dello stomaco, ma non dell’intestino, del bovino.

Dove provarla: Trattoria Del Cordaro, Roma 

Coda alla vaccinara: la coda alla vaccinara è un piatto tipico della cucina romana che si prepara con la coda di bovino, stufata e accompagnata con verdure di diverso tipo. Il termine “vaccinara” viene dal luogo d’origine di questo piatto perché nasce nel rione Regola di Roma, dove abitavano proprio i vaccinari. 

Dove provarla: Trattoria da Zacca ar 20, Roma

Coratella: con coratella si indicano le interiora di animali come agnello, coniglio, polli o galline, quindi di piccole dimensioni. Anticamente la coratella definiva solo l’insieme di cuore, fegato e polmoni, ma oggi comprende tutte le frattaglie.

Dove provarla: Casa Prati, Roma

Pane ca’ meusa: si traduce in italiano come “panino con la milza”, il pane ca’ meusa è un piatto tipico palermitano solitamente consumato come street food. Ma è molto diffuso e si trova anche nei migliori ristoranti.

Dove provarlo: Antica Focacceria San Francesco, Palermo 

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