Pienza e la via dei formaggi: il pecorino tra antico e moderno

Ricordo ancora quando la scorsa estate durante una breve vacanza mi sono recata in visita presso un delizioso borgo rinascimentale:Pienza. Nella ridente Val d’orcia, Pienza, chiamata nei tempi antichi Contignano, si affaccia con tutta la sua bellezza e maestosità ed il campanile del Duomo sembra quasi chiamare i molti visitatori che durante l’ anno vi si recano.

Pienza , infatti, è conosciuta in tutto il mondo per lo splendore della cattedrale di Santa Maria Assunta (il Duomo di Pienza) voluto da papa Pio II, per la raffinatezza del palazzo Piccolomini e lo splendore del suo palazzo Comunale . Tuttavia molto meno si sa e si è parlato di Corso Rossellino , la strada principale che attraversa Pienza e sulla quale vi si affacciano una miriade di piccole botteghe e norcinerie dove troneggia incontrastato il così detto pecorino di Pienza. Se Napoli è famosa anche per la “strada dei presepi” Pienza non lo è da meno per la strada del suo pecorino. Il formaggio di Pienza racconta oggi una bella storia di incontri e commistioni culturali.

Inizialmente il visitatore rimane senza dubbio confuso nel vedere tutte queste tipologie e forme apparentemente dello stesso formaggio ma è possibile ammirare ed assaggiare pecorini freschi, semi – stagionati e stagionati e sono proprio questi ultimi che, con l’aiuto della natura e la fantasia dell’uomo, è possibile trovarne di varie tipologie.



Il pecorino di Pienza, fino a qualche tempo fa chiamato Pecorino delle Creste senesi, è un ottimo alimento fatto con latte di pecora (una pecora libera di pascolare in luoghi che offrono erbe intensamente profumate, come la mentuccia o il radichetto, che donano una materia prima decisamente aromatica) e con un caglio vegetale molto particolare tale da conferirgli il suo sapore dolce- piccante ( chiamato “callio “ o “cardo”) , che influisce sulle diverse sfumature organolettiche al termine della stagionatura.

Il pecorino fresco è caratterizzato da circa 30 giorni di stagionatura, ha un sapore dolce e delicato e con una crosta semi-dura. Quello semi-stagionato si caratterizza per dei tempi di stagionatura che arrivano fino ai due mesi e durante i quali la crosta del pecorino viene spalmata con concentrato di pomodoro ed olio conferendole una colorazione rossastra ed un sapore ancora piuttosto dolce ed aromatico. Infine se il pecorino supera i due mesi di stagionatura ( alcune partite arrivano addirittura fino a quattro mesi ) si parla di pecorino stagionato.

Questa variante si presenta con la crosta scura in quanto le forme vengono strofinate con olio e nerofumo, in modo da limitarne la permeabilità e non farle asciugare troppo e la stagionatura viene fatta nelle tradizionali Barriques di rovere . Ciò conferisce la tipica colorazione nerastra, e la pasta diventa consistente e leggermente piccante, pur senza perdere la originaria dolcezza.

Ed è proprio attraversando Corso Rossellino che è possibile ammirare le molte varianti di stagionatura : in “foglie di noci”, con “bacche di ginepro”, “sotto cenere”, con “erbe aromatiche” ed “in grotta” da assaporare con un ottimo vino di Montepulciano o di Montalcino ( al visitatore è lasciata la scelta).

Durante gli ultimi anni molte specialità tipicamente artigianali hanno lasciato spazio a produzioni industriali. Queste ultime derivano spesso da processi tecnologici esasperati, che molto poco concedono agli antichi sapori della materia prima. La produzione artigianale invece si muove su un altro piano: la difesa del gusto originale.

Naturalmente i prodotti alimentari artigianali non sempre sono costanti (la qualità del latte per un formaggio cambia con il variare delle stagioni), ma sicuramente sono sempre ricchi di caratteri distintivi e qualitativi.
L’unico modo per non farli scomparire è chiederli, ma prima bisogna conoscerli e assaggiarli per memorizzarne i caratteri e far si che la memoria storica diventi presente .