Ora si parla di affumicatura dei cocktail. Nella mixology moderna diventa protagonista il fumo, ma non solo più come spettacolarizzazione del cocktail. L’affumicatura, sia essa diretta o intrinseca nei distillati, sta ridefinendo l’esperienza del bere, introducendo una dimensione di attesa, tensione e creazione di un momento rituale attorno al drink.

Cosa sappiamo sull’affumicatura dei cocktail
Questa tendenza ha visto una crescita costante nella domanda di cocktail affumicati, sostenuta da un pubblico più curioso e da una tecnica sempre più precisa. Un esempio di questo approccio tecnico e misurato è quello di Edoardo Nono, fondatore dei rinomati locali milanesi Rita Cocktails e Rita’s Tiki Room. Il suo metodo sintetizza il perché il fumo sia tornato centrale.
Al Rita, l’atto di sollevare lentamente la campana di vetro, che disperde una nebbia leggera attorno al bicchiere, non è mera scena, ma un gesto che crea attesa, concentrazione e desiderio. Nono sottolinea come il cervello si prepari all’esperienza prima ancora del palato, trasformando il servizio in un momento meditativo e personale.
A Milano, la curiosità del pubblico è stata un motore essenziale, portando a un innalzamento significativo del livello di attenzione verso la qualità e la tecnica. Oggi, chi ordina un cocktail affumicato è alla ricerca di un’esperienza che coinvolga pienamente i sensi. Questa evoluzione è in linea con i dati che indicano una preferenza crescente (il 63% dei clienti italiani) per i cocktail d’autore e un pubblico più esigente, per il quale non basta più shakerare, ma serve una storia, un gesto, un perché.
Nono descrive l’affumicatura come un atto di precisione, distinguendo due approcci. Quello diretto, che utilizza una smoking gun sotto una campana per avvolgere il bicchiere con un aroma fugace ma intenso; e quello indiretto, dove il fumo è già parte del distillato, come nel DNA di mezcal e whisky torbati. La chiave di tutto è la misura: il fumo deve accompagnare, non coprire, agendo come il sale in cucina. La scelta del legno è cruciale e ne influenza il risultato: il cedro offre un tono secco ed elegante, mentre la cannella dona un tono caldo e speziato.
Al Rita si prediligono profili più austeri (cedro e rovere), mentre al Tiki Room si usano spezie tropicali per dialogare con i rum. Per Nono, l’affumicatura è anche una questione di ritmo. Il gesto lento obbliga il cliente a un’attesa breve ma significativa, che crea una connessione e permette di annusare e immaginare prima del sorso. Il fumo, se usato correttamente, non è una moda passeggera ma una tecnica che comunica una visione. Il rischio è la spettacolarizzazione fine a sé stessa: se il drink non è buono, l’effetto scenico non lo salverà.
Un buon cocktail affumicato si riconosce immediatamente: l’odore deve essere di legno caldo, non di camino spento. Al palato, il fumo deve restare in secondo piano, permettendo al distillato di emergere, e l’equilibrio deve persistere anche dopo che il fumo è svanito.
Questa filosofia si manifesta in cocktail come lo Smoked Nail (a base di bourbon, tequila reposado e cedro, descritto come profondo e da meditazione) e lo Smoked Hops (più giocoso, con whisky torbato e rum, completato da una bolla di fumo da rompere). Il fuoco nel bicchiere è la nuova sensualità del bere: un invito a sentire, più che a bere soltanto.