Friggere con meno olio, in modo sano e gustoso

fritto

Penso che poche cose siano gustose quanto le fritture, ma spesso vengono evitate per motivi di dieta. Come fare quindi per gustarsi una buona frittura senza sentirsi continuamente in colpa? Basta seguire delle semplici indicazioni e scegliere con cura gli alimenti da friggere: i funghi ad esempio contengono poche calorie ed anche aggiungendovi quelle dell’olio e dell’impanatura non possono certo essere considerati bombe caloriche. Lo stesso vale per il resto delle verdure.

Innanzitutto è necessario sapere che ogni alimento va fritto in un modo specifico: è possibile friggere al naturale, con un’infarinatura, con un’impanatura o in pastella. La frittura al naturale è perfetta per le uova e le patate ed è il metodo più semplice in quanto basta immergere l’alimento nell’olio. L’infarinatura è il modo più adatto per friggere verdure come le melanzane, piccoli pesci e molluschi poichè così non ne viene coperto troppo il sapore dall’uovo. L’impanatura è la modalità di frittura più classica: l’alimento va passato prima nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato prima di tuffarlo nell’olio conferendogli così il tipico colore dorato del fritto. Alcuni preferiscono infarinare anche l’alimento prima di passarlo nell’uovo sbattuto: in questo modo l’impanatura si gonfia maggiormente e diventa più croccante. Questo tipo di frittura è perfetto per il pollo ad esempio.

Verdura e frutta sono ottime fritte in pastella: quest’ultima può essere preparata in svariati modi. Obbligatori sono la farina e le uova, poi c’è chi usa il latte e chi l’acqua. Io personalmente ritengo che le migliori pastelle vengano con la birra o, in mancanza di quest’ultima con dell’acqua gassata.

Storia di una patata viaggiatrice (che finì come patata arrosto)


Bea, Bintje, Jaerla…… no, non sono strani nomi esotici di moda fra le celebrità di Hollywood e dintorni, ma alcune delle numerosissime varietà di patate esistenti nel nostro paese!Sono passati ormai più di cinque secoli da quando, nel 1538, lo spagnolo Pedro Cieza De Leòn venne a conoscenza delle PAPAS, un tubero che costituiva l’alimento principale (e veniva anche considerato alla stregua di una divinità dagli antichi Incas) nella cucina degli abitanti degli altipiani andini in Sudamerica.

Non passeranno molti anni da quel giorno e la patata (dal latino Solanum Tuberosum) approderà in Spagna portata dai conquistadores. A quel tempo, il prezioso tubero divenne famoso soprattutto per le sue proprietà curative: ad esempio nel caso di disturbi digestivi o, addirittura, crudo e tagliato a fette da appoggiare sulla fronte per combattere il mal di testa.Continuò per molto tempo a passare ininterrottamente di mano in mano, da Re a Cardinali, da Prefetti a botanici: chi (ben pochi!) lo usava come alimento, chi come medicamento, chi ancora si faceva ricamare pizzi e merletti sui quali l’immagine della patata rappresentava elemento decorativo… si narra che Maria Antonietta usasse la patata persino per acconciarsi i capelli!

Il pesce e la mappa delle cotture

Sano, leggero, nutriente ed equilibrato: il pesce. Esistono infinite qualità ed altrettante ricette per servire sulla nostra tavola il protagonista del mare. Liberate la fantasia e seguite qualche consiglio di cucina o, semplicemente la mappa che vi propongo per le cotture possibili, ed anche voi potrete apprezzare il sapore esaltante e la genuinità del pesce fresco.
  • Lessato: la semplicità al servizio del gusto. La maggior parte dei pesci può essere lessata in acqua e condita con olio e limone o on maionese.
  • Court- bouillon: lessato in acqua aromatizzata. Si prepara bollendo per 45 minuti circa 2 litri e mezzo d’acqua con una cipolla tagliata, mezza carota, una costa di sedano, qualche foglia di alloro, mezzo bicchiere di vino bianco, pepe in grani e sale. A fine cottura si filtra. Il pesce va immerso nel court-bouillon freddo. Il tempo di cottura ( a fuoco basso) è di circa 10 minuti ogni mezzo chilo di pesce.
  • A vapore: la cottura delicata per esaltarne il gusto. Numerosi pesci, tra cui triglie, branzini, oppure filetti in genere, cotti con questo sistema naturale valorizzano il loro sapore e mantengono inalterate tutte le preziose proprietà nutritive.
  • Alla griglia: semplice, gustoso e digeribile. In questo caso non va squamato in quanto le scaglie proteggono la carne dal calore troppo intenso. Asciugatelo sempre, anche se in precedenza è stato immerso nella marinata.

L’oro di Napoli: sua maestà la pizza Margherita

Un capolavoro antico dell’uomo, piena di colori, profumi inebrianti, rapisce i sensi e provoca dipendenza, come resisterle!?
La pizza, la regina del palato napoletano e mondiale, ha una lunga storia che risale a molti secoli fa. Ha origini greche, nasce come pane tondo, schiacciato, condito, si chiamava “picea”.

Nei secoli successivi prende il nome di ”mensa”, perché veniva utilizzata come piatto per servire cibi ai nobili e, come spesso accade, veniva consumata anche dalla servitù, che utilizzavano come condimento tutti gli avanzi della casa. Ma furono i napoletani con la loro fantasia e il loro gusto a trasformarla nella pizza che tutti conosciamo.
Inizialmente era bianca, condita solo con aglio, strutto e sale grosso e a volte con caciocavallo, c’erano già anche poche semplici varianti: la marinara, per esempio, di cui se ne servivano i marinai nella pausa lavoro.

Nel ‘700, un nuovo prodotto compare nelle mense europee, si chiama pomodoro, viene dalle americhe e il suo matrimonio con la pizza diviene un trionfo. Nella città partenopea comincia da allora un fiorire di attività stradali per la somministrazione di questo alimento conosciuto da sempre, ma assurto improvvisamente ad una nuova notorietà. E i venditori delle bancarelle danno vita alle prime pizzerie in cui questo piatto economico, con il giusto apporto calorico giornaliero, diventa sostitutivo del pranzo.

Nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito con forno a pochi passi dal Palazzo Reale, ebbe l’onore di servire Sua Maestà la regina d’Italia, Margherita, con la pizza con pomodoro, mozzarella e basilico. Quando Sua Maestà, incuriosita, chiese il nome della pizza, Don Raffaele rispose, pieno di riverenza: “Margherita, in onore di sua Maestà!”.
Così nasce la sua fortuna, quella della pizza col nome di una regina e di Napoli, che viene battezzata la città della pizza. Nessun turista da allora, arrivando a Napoli, volle sottrarsi dall’ assaporare la gustosa sfoglia che da allora ha deliziato nobili e povera gente.

L’angelo del focolare e il ragù perfetto

Regina della Casa, Angelo del Focolare…come suonavano gratificanti queste parole di omaggio alle donne di qualche tempo fa. E’ molto lontana la trentenne di oggi dalla sua bisnonna, che imperava in casa e soprattutto in cucina, che in famiglia aveva un ruolo ben definito e che non doveva inventarsi ogni giorno un ‘suo’ modo di essere donna e moglie e mamma?

Ma quali fragili certezze sostenevano quelle donne! La cui vita ruotava intorno alla famiglia, appunto, i figli, il marito. E la cucina, territorio esclusivo (e chi glielo toccava?) in cui dominava da cui elargiva il cibo. E qui ci siamo. In questo suo piccolo mondo, nel suo regno, nasceva la sua potenza. Potenza di un ragù insuperabile, di un timballo inimitabile, di un caffè senza paragoni. Tutte cose di cui essere fiere, con cui rendere fiera la famiglia, il marito…”Signò, ma come lo fate questo ragù che fa uscire pazzo a vostro marito?…E il ragù di mia moglie sotto e il ragù di mia moglie sopra …

Ma poi ecco l’ “altra”. No, non l’amante, quella pensava proprio alla cucina, no. La NUORA. Ecco questa giovane donna, magari laureata, elegante, che non solo le porta via il figlio, e fin qui se lo doveva aspettare prima o poi, ma che vuole COMPETERE con lei in cucina, che vuole rifare per il maritino le stesse leccornie che gli faceva la mamma!!! Addirittura. Ma ‘in cucina ci vuole l’esperienza’ che cosa si crede! E invece il giovane marito e anche il vecchio marito, il suo per intenderci, le fanno i complimenti, la ragazza inorgoglisce, fa la ruota come un tacchino… e lei, il vecchio Angelo del focolare? Che le rimane ora? Ora che si ritrova capelli bianchi e rughe e mani rovinate, tanti chili di troppo e tanti… anni di troppo.

Sarà il momento giusto per iscriversi a un corso di danza latinoamericana??!